
La vita è strana e regala emozioni quando meno ce lo si aspetta. Negative, da cui dobbiamo trarre insegnamento. E positive, da cui invece dobbiamo prendere l'energia per goderne il succo fino in fondo.
Come si può capire che giornata ci attende?
Non è possibile.
Ma se stiamo attenti ai piccoli segnali che accompagnano il nostro vivere possiamo farci un'idea. Dipende a noi se coglierli o lasciarli andare.
Pare che per me oggi sia il turno di fare esperimenti. Sperimentare con le emozioni, con le strade e sfiorare anche la paura, ma senza temerla.
Parto col piede giusto.
Non appena uscito dal centro storico di Senise incontro nuovamente il signore di Bari, con cui avevo chiacchierato insieme alla moglie poche ore prima. Parliamo solo qualche minuto, ma ne traggo un incoraggiamento finale che a inizio giornata è sempre una bella spinta. Ci salutiamo e avviamo il nostro percorso di vita odierno con un sorriso. Così mi piace!
Da qui alla prima prova del giorno mi separa un rettilineo, grazie al quale arrivo in zona industriale. Una volta lì, devo decidere se costeggiare a sud il Lago di Monte Cotugno oppure prendere una vecchia strada (la Statale 92) che lo attraversa, chiusa al traffico dei veicoli e verosimilmente anche ai pedoni. Allungare la strada in modo sicuro o prendersi un rischio accorciandola? Una metafora della vita stessa che oggi si ripropone in questa chiave.
Senza neanche troppi tentennamenti alla fine scelgo la seconda opzione, ricordandomi allo stesso tempo i consigli del giorno prima. Cioè di fare attenzione, in quanto si tratta di una strada chiusa perché poco sicura e con notevoli crolli visibili su entrambi i lati. Una volta anche lambiti dall'acqua ma ora circondati solo da vegetazione, a causa della siccità. Riesco a scorgere poco distante un pastore col suo gregge mentre in lontananza posso ammirare la diga di Monte Cotugno. Come ho imparato grazie ai molti lucani che me l'hanno ricordato è motivo di orgoglio, in quanto si tratta della diga in terra battuta più grande d'Europa. Peccato solo che di acqua se ne veda veramente poca.
Butto un'ultima occhiata alle spalle per sincerarmi di non essere visto nel compiere questa "traversata". Non sto commettendo un reato ma allo stesso tempo non vorrei incappare in richiami da parte di qualcuno. Perché se comunque la strada è chiusa un motivo ci sarà. Per buona parte del percorso è larga quasi come in origine, quindi nessun problema. Ma metro dopo metro mi accorgo che lo spazio utile per camminare diminuisce sempre di più, tanto da diventare giusto per il passaggio di una persona. Potrei passare dall'erba per carità ma oggi pare che debba mettermi alla prova e sperimentare. Ed è a quel punto che scorgo a lato una strada sterrata e sabbiosa, che grazie alla presenza di vegetazione ad alto fusto forma un piccolo sentiero, simile a quello di un bosco. Perché no? Darei un po' tregua alle gambe e poi passare in mezzo alla natura darebbe sicuramente un'altra energia. Tutto molto bello e idea intelligente, quindi ci provo. Fino a scoprire una decina di minuti dopo che questo sentiero mi sta portando in un'altra direzione, precisamente verso Noepoli.
Piede perno come nel basket e ritorno verso la strada crollata, dove ora soffia anche un forte vento. Il tutto rende difficile tenere un passo dritto e devo considerare anche il poco spazio a disposizione. Ma in maniera decisa mi incammino e con un po' di attenzione raggiungo la fine, sbucando su una strada provinciale. Ho potuto ammirare anche se solo in lontananza l'Arena Sinni. Un anfiteatro davvero suggestivo e che mi ripropongo di visitare con più calma quando tornerò in Basilicata.
Il giorno prima nell'approcciarmi al sentiero odierno avevo chiamato Pietro, il mio contatto a San Giorgio Lucano. Di lui parlerò dopo, in quanto merita davvero qualche riga in più per ciò che ha fatto umanamente per me e la mia esperienza. Aveva parlato di una galleria lungo il percorso. Ma lì per lì, forse un po' stanco o distratto, avevo erroneamente dato poco peso alla sua informazione.
In una mezz'ora mi ci ritrovo proprio davanti. Ne ho attraversate alcune fino a qui con le dovute precauzioni e comunque con una via pedonale a lato.
Questa rispetto alle altre ha però una grossa differenza. È lunga un chilometro e mezzo che in soldoni si può tradurre in circa quindici minuti di cammino. Neanche tanti. Ma la corsia laterale è a spanne cinquanta-sessanta centimetri.
Un paio di tiri d'acqua dalla camel bag e penso al da farsi. Provando nel frattempo, anche se combattuto, a cercare di ottenere un mini autostop fino all'uscita. Giusto per non rischiare. Ma è a questo punto che sotto i miei occhi scorgo una piccola strada bianca, proprio a lato della galleria. Un'occhiata veloce a Google Maps per vedere se è fattibile passare di lì. Pare di sì.
E ha quindi inizio il secondo esperimento della giornata, che non sarà però l'ultimo. È un bel sentiero, simile a tanti che ho percorso sul Cammino di Santiago. La direzione sembra quella giusta e ciò mi fa proseguire felice per una ventina di minuti. Si inizia a salire, sintomo del fatto che mi sto approcciando a passare sopra la galleria. Ed è lì purtroppo che mi accorgo, anche dopo vari tentativi nel provare vari sentieri, di trovare sempre uno sbarramento naturale. Potenziali strade che si infrangono e mi costringono a fare marcia indietro. Fino al punto che decido di ritornare sulla strada principale e quindi nuovamente davanti all'ingresso della galleria. Ho tentato e sperimentato, ma ora la mia scelta è ridotta solo a questa possibilità. Con le dovute precauzioni, in primis quella di rendermi visibile a chi sopraggiunge in senso contrario alla mia marcia, mi avvio. Non è facile ma non corro grossi rischi. In più vedendola positivamente cammino al fresco per un po'. È bastato rendermi visibile col flash del cellulare mentre documento questa camminata al coperto.
La luce dell'uscita si fa sempre più prossima e mi ritrovo poco dopo ad avere nuovamente il sole in fronte, per dirla alla Claudio Villa. Sono fuori e visto che poco distante noto anche un bar, decido che può essere ora di mangiare qualcosa, riordinare le idee e riposare. Un simpatico cane nel frattempo punta ad avere qualcosa del mio pranzo e diciamo che alla fine mangio in compagnia. Approfitto anche di questa pausa per contattare Pietro. Non manca molto a San Giorgio e rimaniamo d'accordo di trovarci per strada.
Non sarà difficile riconoscermi. E difatti un chilometro dopo aver lasciato il bar vedo una macchina accostare. È lui. Salgo in macchina, sostiamo poco dopo per bere a una freschissima fonte naturale e in qualche minuto siamo in paese.
Da qui in poi la vita darà sfoggio della sua magia.
Parte la ricerca per una sistemazione, che non pare facile sin dalle prime battute. Non vi sono strutture ricettive e in più ho dato veramente poco preavviso a Pietro riguardo al mio arrivo. Le varie alternative che sondiamo non vanno a buon fine. Si gira in macchina e nel frattempo comunque posso ammirare il paesaggio. Qui ci troviamo a ridosso del Pollino, il parco naturale più importante di questa regione. Giriamo e giriamo. Fino a che non ha una specie di illuminazione, ricordandosi di una giovane coppia che dovrebbe abitare nei paraggi. Potrebbe essere la svolta, in quanto l'ultima volta che li aveva visti erano prossimi all'apertura di un loro B&B.
"Siamo vicini" mi dice.
E dopo qualche domanda in paese parcheggia. La memoria non lo tradisce. Scende, suona ad un campanello e da un portone ecco uscire Giusy ed Egidio, la coppia di cui mi parlava.
Lei è pugliese mentre lui è proprio nativo di qui. Sono due ragazzi tornati ad una dimensione più umana di vita in paese, dopo varie esperienze lavorative anche all'estero. E che si sono rimboccati le maniche dando vita a "La Casa di Zio Peppino". Un posto dove alloggiare e allo stesso tempo sentirsi come a casa. E non solo a parole. In realtà mi dicono che aprirebbe il giorno dopo, per via degli ultimi ritocchi. A mio modo di vedere è praticamente tutto a posto. Semplice, funzionale, arredato in maniera intelligente e anche ecosostenibile. Infatti molti dei mobili sono materiale di recupero.
Mi trovo quindi in una qualche maniera ad inaugurare la loro attività e ufficialmente ad essere la prima persona che ospitano. Ci sediamo al tavolo. Tra qualche bicchiere di vino e degli squisiti taralli ognuno racconta un po' di sé. È da qui che la mia esperienza assumerà una componente più sociale e meno personale.
Pietro, dicevo all'inizio di questo capitolo. Conosciuto mentre ero alla ricerca di informazioni sul coast to coast nei meandri di internet. Contattato su consiglio di un gruppo di ragazzi che ha compiuto questa camminata e che ha scritto il blog "Basilicata a tutti i coast" per raccontarla.
Nativo di San Giorgio Lucano ne conosce ogni singolo centimetro. Anche le parti più nascoste tra cui quelle che riguardano le grotte. Per anni, da solo, ha fatto in modo che questi luoghi magici fossero rimessi in luce, mantenendone i loro tratti storici e salvandoli così dall'abbandono. Ha anche costituito un'associazione con cui porta avanti questo tipo di compito e che si chiama "ille e una grotta". Quelle presenti infatti non sono poche. Più di 1200 disposte a terrazzamento sotto la parte nuova del paese. Meritano un approfondimento. La storia che mi ha raccontato Pietro riguardo ad esse è affascinante e perciò non potevo solo menzionarne la presenza.
Le grotte di San Giorgio rappresentano già di per sé un esempio di paesaggio identitario della popolazione presente in questo luogo. Furono costruite prima della fondazione dell'attuale centro abitato e probabilmente sono legate anche al culto di popolazioni più antiche. Gli utilizzi sono stati e sono molteplici, data la frequentazione quotidiana da parte delle popolazioni locali, anche per l'importanza dell'economia domestica che costituiscono.
Utilizzo alimentare in primis, con la produzione e la conservazione di derrate locali e bevande alcoliche come il vino. Cosa che in parte tutt'ora avviene. Non mancano infatti agricoltori che lo pongono a maturare gradi dentro a questi spazi carichi di storia. E che una volta giunto a gradazione si trasformano in punti di socialità e convivialità per assaggiare quanto ottenuto. Dove il vino scorre a fiumi e si rimane da mattina a sera contemplando anche lo straordinario paesaggio che si ha davanti agli occhi. Tutto questo versante delle grotte è stato infatti inserito nei geositi presenti nel Parco Nazionale del Pollino.
Vengono usate come pollaio, porcile e cantina. In alcuni casi nel passato sono state addirittura abitazione, come quelle presenti in Contrada Pagliai. Cappelle religiose osservandone alcune. O spazi dove avvenivano anche ritrovi in chiave politica per discussioni riguardo all'elezione del sindaco.
Costituiscono uno spaccato di storia contadina importantissimo e connotante anche nell'agricoltura italiana visto che si tratta dell'unico esempio conosciuto di allevamento nei dirupi.
Si possono respirare la fatica e il sudore impiegati nella costruzione, avvenuta scavando a picconate nella roccia presente. Alcuni portali in legno o in ferro costruiti poi per proteggere le grotte stesse, sono vere e proprie opere d'arte.
Questa è solo una breve storia. E consiglio a chi si trovi da queste parti di farsi guidare da Pietro alla scoperta di questa bellezza carica di storia.
Camminiamo tra questi sentieri sterrati più o meno impervi e cerco di assaporare anche la fatica stessa negli spostamenti, che in passato avveniva per la frequentazione e la costruzione di questi luoghi. E che ne costituisce in un certo senso il fascino, vista la difficoltà di accesso. Gli abitanti, che utilizzavano queste grotte come deposito, si spingevano fin qua anche per il rifornimento d'acqua vista la presenza di due fonti.
Si possono ammirare in lontananza le comunità di Noepoli e San Costantino Albanese che hanno anch'esse una particolarità. Cioè di aver mantenuto lingua, usi e costumi tipici dell'Albania. In quanto probabilmente nate dall'insediamento di cittadini albanesi, che sfuggivano all'invasione turca.
Ho anche il privilegio di visitare una grotta al suo interno. Quella della famiglia di Pietro che tra l'altro è in buono stato e viene tutt'ora utilizzata. Raggiungiamo la casa dei suoi genitori e assieme al padre che ne custodisce la chiave, scendiamo dei grossi scaloni fino a raggiungerla. Potrò anche notare una cosa. I lavori di messa in sicurezza delle pareti dove sono scavate le grotte hanno fatti più danni che altro, a causa della composizione della roccia. Un particolare non da poco, valutato in maniera davvero superficiale dall'ufficio tecnico che ha deciso per questi lavori. Alcune arcate di entrata infatti sono collassate rendendo inutilizzabili questi spazi e con strutture metalliche sporgenti e pericolose lungo i sentieri. Vi sono anche grotte lasciate abbandonate da qualche decina d'anni, coperte dalla vegetazione e che in sé costituirebbero uno spaccato di vita dell'epoca se venissero riportate alla luce.
Dopo aver conosciuto la famiglia di Pietro e a malincuore aver declinato un invito a cena ci dirigiamo verso una zona dove si trovano altre grotte. Tutt'ora utilizzate come rifugio per piccoli animali d'allevamento come le galline. E che si trovano proprio al "confine" di regione con la Calabria.
Si fa buio e un po' fresco per cui decidiamo di tornare al B&B, dove sono atteso da Egidio e Giusy. Al mio ritorno trovo al tavolo anche Anton Giulio, un ragazzo originario di San Giorgio ma trasferitosi in Australia. Che nel periodo estivo decide di tornare per salutare parenti e rivedere gli amici. Le radici sono forti e le sue sono qua mi dice. Dopo un saluto e un grosso abbraccio a Pietro, che mi ha dato l'opportunità di conoscere tanta storia in sole due ore, è l'ora di una bella doccia. Per poi uscire.
Ceniamo nella piazza alla festa di paese, dove faccio anche la conoscenza di Franco. Giusy ci tiene a farmelo conoscere perché "è un giramondo come te". Parliamo di viaggi ed esperienze vissute finora. Adoro sempre avere uno scambio con persone come lui, perché in un certo senso ci si capisce al volo. Anche senza conoscersi. Scendiamo ancora un po' bevendo qualche amaro qua e là. Anton Giulio la fa da padrone con la sua esuberanza, portando allegria con il racconto dei suoi folli aneddoti australiani.
Si è fatto tardi ma non ancora per andare a dormire. Ed è qui che Giusy ed Egidio calano l'asso. Torniamo al B&B, saliamo all'ultimo piano e restiamo un po' a parlare seduti in terrazzo, dove possiamo ammirare un cielo stellato notevole. Una giornata che si conclude in questa maniera non ha bisogno di altri commenti.
Giusy mi chiede di riassumere San Giorgio e il mio stare qui con un aggettivo. Ci penso un po' anche se uno mi gira particolarmente in testa.
Glielo scriverò il giorno dopo.
Sorprendente.










