Bonus Track Matera

Vista notturna di Matera

Prima giornata materana. Con ieri sera ho avuto un assaggio di quello che mi potrà dare questa città. Ed è stato molto intrigante, considerando il poco che ho visto. Siamo solo due in stanza e ce la stiamo ronfando alla grande, senza nessuna fretta di mettere un piede giù dal letto. 

Il mio ritorno è previsto tra due giorni mentre per Daniele sarà l'indomani. Sarebbe un peccato però non essere riusciti ad ammirare qualcosa solo per pigrizia. Pian piano apriamo gli occhi, ci alziamo e una volta sistemati siamo pronti per uscire. 

Francesca ci indirizza verso la pasticceria "Schiuma", cinque minuti a piedi da dove siamo. E che sarà il luogo dove farò felicemente colazione le mattine successive. Un paio di briosches, un caffè e ora possiamo muoverci belli carichi. 

Manco a dirlo c'è molto caldo. Ma per il sottoscritto, amante del sole, non costituisce un problema. Almeno fino al momento in cui non rimango senz'acqua.

Ritorniamo più o meno dov'era iniziato il mio primo giro nella parte storica di Matera e cioè nei pressi di uno dei punti panoramici. Ero curioso riguardo a che emozione mi avrebbe trasmesso vedere la città dei Sassi illuminata dal sole. Da un lato ammirarla in notturna è stato un qualcosa che mi ha lasciato in contemplazione silenziosa per la sua bellezza. Se si vuole trovare un piccolo neo, risulta un po' "falsata" da uno studio delle illuminazioni fatto a metà. In una parte a luce fredda mentre nell'altra con la vecchia calda luce a filamento di tungsteno.

La versione diurna è meno ammiccante all'occhio, ma fa percepire il carattere di questo luogo senza tanti filtri. Quando osservo la parte storica di una qualsiasi città nelle ore di luce, cerco sempre di immaginare come fosse la vita decine di anni prima, passeggiando qua e la senza tanti riferimenti. In questo frangente cerco di immedesimarmi in quell'epoca camminando tra le scivolosissime viuzze nella parte dei Sassi. Rischio di volare per terra almeno un paio di volte, ma mi salvo in corner per usare una metafora calcistica. Non manco di vedere qualcuno andare con il sedere per terra. Quindi attenzione.

Domina il colore giallino del tufo e ovunque si cammini lo si fa sulla pietra. Tutte le strade in questa parte di città e nel resto del centro storico sono lastricate di ciottoli, diventati ormai lisci per l'erosione e il passaggio incessante di persone. 

È al momento una delle città più antiche ancora abitate nel mondo intero, con il ritorno a partire dal 1986 nelle abitazioni. Grazie a recuperi finanziati a livello statale, col fine di non lasciare all'abbandono questa bellezza. E che per il restauro sono vincolati all'uso esclusivo di questa particolare pietra calcarea.

Ci sono opinioni contrastanti riguardo all'abbandono dei Sassi da parte dei cittadini. Fu quasi coercitivo, visto che avvenne tramite un'apposita legge dello Stato. Una delle prime visite che facciamo con Daniele chiarisce una parte dei miei dubbi a riguardo. Entriamo infatti nella "Casa Grotta del Casalnuovo", dove vi è una fedele ricostruzione della vita con reali oggetti d'epoca, fotografie, attrezzi, letti e tavoli. Un paio di animali finti. All'epoca veri e custoditi al secondo livello della casa. Quest'ultimo fattore unito a un'umidità importante, che si può osservare dalle macchie verdi sui muri, ha iniziato a costituire un ambiente insalubre alla vita. È il 1948 e in quest'anno, per questi motivi, venne ordinato lo sgombero forzato. I cittadini dovettero emigrare nelle case nuove costruite al di fuori del centro, in quella che oggi costituisce la parte moderna e a mio modo di vedere anonima della città. Chi poté permetterselo abbandonò la casa, ma senza lasciarne la proprietà allo Stato. Dopo circa una quarantina d'anni ebbe la possibilità di ritornare e ora infatti non è difficile imbattersi in abitazioni restaurate, ristoranti e qualche costosissimo B&B. Segno tangibile di questo ritorno nella parte dei Sassi.

Una volta usciti possiamo anche ammirare alcune chiese rupestri tra cui quella di Santa Maria di Idris, costruita anch'essa nella roccia a cavallo tra il '300 e il '400 e al cui interno sono presenti pareti affrescate e un dipinto seicentesco. 

Con Daniele camminiamo tanto ma ci prendiamo anche qualche pausa. Due tranci di pizza da un affollatissimo fornaio e sosta nel parco poco distante, per darci un po' di tregua dal caldo, mangiare e allo stesso tempo vedere il castello Tramontano. Parliamo delle impressioni che ci sta dando questa città. E anche su come occupare le prossime ore. Alla fine optiamo per visitare la cisterna del Palombaro Lungo e unirci a un'escursione per l'altopiano delle Murge verso sera.

La prima ha una storia che risale al XVI secolo. Si tratta del terminale di un complesso sistema di canalizzazione delle acque, dalla capienza impressionante di cinque milioni di litri, scavato sotto una piazza e con un intonaco impermeabile di terracotta. Venne costruito con lo scopo di assicurare alla popolazione un approvvigionamento di acqua consistente specie in caso di assedi. E sopperire agli enormi problemi riscontrati dai cittadini nel procurarsela. 

La visitiamo inserendoci nel tour meno affollato in lingua inglese. Anche perché quelli in lingua italiana hanno già raggiunto il numero chiuso. Così intanto passeremo del tempo al fresco. Non v'è molto da vedere, ma è bello cercare di capire come venne creata quest'opera che tutt'ora resiste al passare del tempo. E conoscerne la storia tramite il racconto di una guida che accompagna questa breve escursione.

Tra questa visita e il passeggiare per Matera arrivano le sei di sera, l'ora scelta per partecipare all'escursione. Al calar del sole, così avremo modo di vedere l'inizio di uno spettacolo davvero suggestivo. Non sono amante delle visite organizzate. Ma in questo caso, per il costo e quello che ci aspetta penso possa valere la pena. Anche Daniele è d'accordo.

Potremmo aver raggiunto la meta con una bella camminata, ma sotto il sole e rinunciando a quanto fatto durante la giornata. Dopo una quindicina di minuti in bus arriviamo e ha inizio quest'esplorazione insieme a una guida che ci accompagna sulla cima dell'altopiano. Possiamo osservare una grotta/cappella dall'esterno e le piccole vasche scavate per la raccolta d'acqua. Acquisiamo nuove informazioni riguardo a questa città. Tra cui anche quella sul famoso pane che qui viene prodotto. L'attesa però è rivolta a un momento che da solo vale il prezzo del biglietto. Una volta che il sole si nasconderà per fare spazio al buio, inizierà l'accensione delle luci nella città dei Sassi. Non manca molto e quando arriva è davvero da pelle d'oca. Si possono osservare sia il Sasso Barisano che quello Caveoso partendo dalla parte più antica e disabitata a quella più moderna. Non abbiamo purtroppo il tempo per vedere tutta la città illuminata dai lampioni perché il pulmino deve ripartire per riportarci al centro storico. Ma Daniele mi fa presente che, per quanto ne sa, c'è un modo di vedere questo spettacolo nella sua interezza. Non sa se riuscirà ad approfittarne. Ma intanto ha dato a me un'idea molto interessante.

Scendiamo dal piccolo bus e facciamo ritorno alla stanza per una doccia ed eventualmente uscire. Nell'entrare Francesca ci informa che sono arrivate altre persone nella nostra stanza. Un ragazzo napoletano molto simpatico. E due ragazzi milanesi che stanno viaggiando con mezzi pubblici nel Sud Italia.

Saliamo e troviamo Gennaro, Alessandro e Alberto intenti a disfare le valigie. Passa poco che la curiosità sfoci in una marea di domande incrociate. Il gruppo si è ufficialmente allargato e una volta che siamo a posto optiamo per una girata tutti insieme. È anche questo il bello dell'ostello, un luogo dove nascono amicizie in maniera veloce, grazie alla condivisione degli spazi. In più l'atmosfera di questo in particolare aiuta.

Io e Daniele abbiamo già potuto ammirare la bellezza del centro storico in versione notturna. Ora tocca agli altri. Ed è divertente osservare quale sia la reazione anche da parte loro. Si può definire un misto tra stupore, contemplazione e voglia di dire qualcosa, ma rigettata per il rischio di rovinare il momento trovando un aggettivo. Magari poco calzante.

Qualche birretta accompagna le nostre chiacchierate e così abbiamo modo di conoscerci meglio. Troviamo posto a sedere su quattro sgabelli spaiati, nel plateatico di un birrificio artigianale. Parliamo per lo più di desideri. E la trovo una bella via per capire lo spirito di chi si ha di fronte. Piace viaggiare a tutti in una certa maniera. Scopro di avere una forte passione comune per la musica con Gennaro. Alberto invece ama l'arte performativa teatrale. E siamo tutti d'accordo che la vita vada vissuta per le passioni che portiamo avanti, perché sono il modo migliore per stare bene con se stessi e di riflesso anche con gli altri. È un bel chiacchierare. Personalmente ne traggo una bella energia, nuovi input e fiducia per i miei progetti. 

Ormai è arrivata 'na certa come si dice a Roma e tutto sta chiudendo. Torniamo verso l'ostello e ci soffermiamo un po' a parlare sugli scalini esterni di una casa. Si fanno le tre di notte. È idea comune che non sia male andare a riposare. Anche perché, da lì a poche ore, Daniele prenderà il bus delle sei per il lunghissimo ritorno a Milano. Prima di dormire io e lui ci salutiamo con una promessa. 

 

"Davide, se dovessi attraversare il ponte tibetano mandami qualche foto".  

 

"Ci sto!".  

 

Quella era l'idea che mi aveva dato poche ore prima. E per uno a cui piace camminare è un invito a nozze. 

Si dorme. Poco. 

Con la coda dell'occhio vedo Daniele, che come un ninja si allontana dalla stanza. Lo saluto con un cenno a cui lui ricambia. La stanchezza si fa sentire e alzarsi dal letto è durissima. Ci sentiremo comunque tramite messaggi nei giorni successivi.

 

Non mi sono dato grossi programmi con gli altri ragazzi rimasti. Ognuno si sveglierà all'ora che vuole e poi decideremo che fare. 

Mi sveglio con calma verso le dieci. Opto per la colazione allo Schiuma e una passeggiata. Ci troveremo poi all'ostello per ora di pranzo e daremo un'occhio a dove poter mangiare. Anche se c'è da dire che la cucina dell'ostello è nuovissima e super attrezzata. Si potrebbe benissimo rimanere qui. 

Alla fine però la scelta cade sulla "Trattoria Lucana", dove troviamo posto per il rotto della cuffia. Mangiamo bene e il cameriere che ci serve è davvero simpatico. Particolare non da poco e che suscita delle risate tra noi, è che ovunque si trovano foto di Mel Gibson, persino nei bagni. Durante la realizzazione del suo film "La Passione di Cristo", avvenuta nella città dei Sassi, pare che sia spesso passato da questa trattoria, come testimoniano i numerosi scatti. Tra una portata e l'altra con Gennaro decidiamo che prima del tramonto ci dirigeremo verso il ponte tibetano.

I ragazzi esagerano con le portate, cercando di rimediare con numerosi amari finali. Ma il risultato è l'inverso di quanto sperato e quindi per loro scatta la classica "pennica" dopo pranzo. Io decido invece di girare per la parte moderna della città, fare bancomat e bere qualcosa. Dopo questa passeggiata torno in ostello e mi prendo un po' di tempo per riposare. 

Arrivano le sette di sera. 

Io e Gennaro pensiamo che possa essere la nostra ora X. Meno luce così da non patire il caldo. Ma non troppo buio per riuscire a vedere dove mettiamo i piedi. Carichiamo acqua nella camel bag e ci dirigiamo all'imbocco del ponte tibetano. Me lo ricordavo più vicino. Durante una passeggiata Daniele mi aveva mostrato dov'era, facendomi anche notare una cosa. Che non è accessibile. Perché? Pare sia stato chiuso l'accesso per il sentiero che vi arriva, poco segnato e scosceso. E per il fatto che i turisti attraversassero questo ponte in molti allo stesso tempo, minandone la sicurezza. 

In realtà l'accesso è chiuso, ma basta scavalcare con una minima accortezza per iniziare questo percorso. Se da piccoli si era abituati a scavalcare cancelli e ringhiere non si avrà nessun problema anche in questo situazione. 

Non voglio chiaramente incitare altre persone a farlo. Ci siamo comunque presi una responsabilità. 

Una volta arrivati davanti all'ingresso, sfortuna vuole che vi sia una folta comitiva di turisti proprio a due metri da lì. Noi vogliamo fare una cosa sotto traccia, senza farci vedere e questo è un bell'impiccio. Ma oramai siamo davanti, la luce è sempre meno e il tutto diventerebbe pericoloso. E poi tornare indietro suonerebbe come qualcosa di incompiuto. Approfittiamo del momento di distrazione generale e buttiamo gli zaini al di là. Scavalchiamo e sale l'adrenalina. Osserviamo il percorso, che si snoda in questa maniera: discesa tramite il sentiero fino alla base della gola, attraversamento del ponte e risalita verso l'Altopiano delle Murge.

Abituato a camminare e pensando che le mie scarpe da trekking siano adatte, sottovaluto la discesa. Che non risulta proprio agevole, un po' per il terreno e un po' per la suole consumate dai chilometri sull'asfalto lucano. Gennaro invece vola con le sue scarpe da tennis, scendendo a velocità doppia della mia. Fin quando non si ferma, una volta arrivato alla fine del sentiero. 

Si gira e mi dice una cosa del genere: 

 

"Fratè, da qui al ponte a passo svelto e butta un'occhio dietro di te. Ci sono dei cinghiali!". 

  

Ciò che avevo visto a distanza di sicurezza nella strada verso Episcopia, ora me lo trovo a una ventina di metri. Non infastiditi o provocati, questi animali risultano "innocui" secondo le sagge persone anziane trovate lungo il percorso. Anzi si spaventano e temono il rumore. Ma se trovati in gruppo, specie con la presenza di maschio e femmina la situazione inizia a farsi più seria. Per via della territorialità e del procurato pericolo che avvertono a quel punto possono attaccare. Date grandezza e forza di tale animale meglio non rischiare. Osserviamo i comportamenti e vedendoli in allontanamento acceleriamo il passo per dirigerci al ponte. Un'occhiata alle spalle ogni tanto ed eccoci arrivati.

Siamo solo in due e non avremo problemi di sicurezza ad attraversarlo. Ogni tanto udiamo qualche persona dall'alto che ci nota. C'è ancora sufficientemente chiaro, ma non durerà per molto. Io soffro di vertigini che comunque non mi impediscono di salire su questo ponte. Anche se non è rigido e da comunque la sensazione di fluttuare su questa gola una volta sopra. Ma è un'esperienza sensoriale salirci. 

Siamo al punto di non ritorno. Arriviamo sull'altro lato e può iniziare quindi la salita verso l'altopiano. È buio. e ciò che sembrava facile ora pare molto più complicato. Scrutando il percorso dall'alto ci eravamo fatti un'idea. Tipo di prendere quel sentiero lì e poi quell'altro. Ma una volta scesi e con la sole luce dei cellulari la faccenda cambia radicalmente e ci siamo praticamente dimenticati tutto. Improvviseremo vedendo passo dopo passo quale sembra la strada che ci può condurre alla vetta. 

È dura a livello fisico ma finalmente riesco ad avere un po' più di presa sul terreno. Non si contano le zanzare. Si vedono proprio in battaglioni spostarsi a caccia di sangue. Il che non è molto piacevole, ma ci costringe quantomeno ad accelerare il passo. Qualche breve sosta per bere e decidere la strada da prendere. Sembrano tutte uguali ma non tutte sono praticabili. Il fiatone c'è, unito al ronzio incessante, ma saliamo sempre più. L'istinto ci sta dando ragione e dopo una ventina di minuti intravediamo il tratto finale. Riprendo l'ultima salita immortalando i miei passi sul terreno polveroso per poi spaziare sull'immenso che ci si spalanca davanti agli occhi. Ce l'abbiamo fatta! 

Vedere la città dei Sassi da questo lato e con tutte le luci accese è uno spettacolo puro, che ho cercato di fermare con più scatti fotografici. Poco riusciti tra l'altro. Non perché sia social ma per il fatto di portarmi a casa un pezzo di questa bellezza e poterlo rivedere. Le emozioni però non si immagazzinano sulla memoria di un cellulare. È quindi giusto poggiarlo per terra, sedersi e fare la propria fotografia mentale di quello che si sta vedendo. Senza il bisogno di un clic. Vivere ciò che si ha davanti senza il filtro di uno strumento per immortalare la propria presenza in un determinato luogo. Vivere l'emozione.

Un bel cinque alto a Gennaro. Dovevamo prenderci un rischio per compiere sta "cazzata". L'abbiamo fatta. E siamo radiosi di felicità per averla portata a termine, anche perché la ricompensa è inestimabile. Le zanzare ci stanno aggredendo in massa ma è come se avessimo addosso un anestetico. Le senti, ti fastidiano e ti beccano. Ma passano in secondo o terzo piano. 

Non c'è molta gente e si vedono sempre più macchine andare via. Dobbiamo considerare il fatto di tornare all'ostello. Ripercorrere la strada appena percorsa suona come una follia. L'altra che invece porta a questo altopiano (la stessa dell'escursione con Daniele) ritorna su una strada principale che poi riconduce al centro storico. A piedi almeno un'ora considerando discesa e salita. 

È comunque l'ultima sera per me e la vorrei passare in compagnia anche con gli altri.

Alla fine ho deciso come tornerò a Verona. Niente aereo. Prenderò un bus e precisamente all'una di pomeriggio. 

Notiamo due ragazze, che poi tra l'altro sono le uniche persone presenti. Ci chiedono una foto e iniziamo a parlare, anche di come siamo arrivati fin qui. Loro, dopo questa escursione, devono ritornare nella parte antica della città, dove hanno trovato da dormire. A conti fatti anche la nostra destinazione. Ci poniamo in maniera delicata e chiediamo con cortesia se possiamo unirci al ritorno con loro. Non c'è nessun problema, anzi sono contente, perché le aiuteremo a trovare la strada. E chiacchierando, anche un ristorante dove mangiare. Lo stesso nostro di qualche ora prima. Consigliatissimo.

Sono due amiche calabresi, arrivate a Matera per visitare questa gemma del Sud. Ascoltano i nostri racconti e rimangono di stucco per il fatto che io abbia attraversato la Basilicata a piedi. Quasi non credono sia possibile aver fatto così tanta strada. Gennaro si scambia il contatto con una delle ragazze una volta arrivati in un parcheggio. E ci è andata doppiamente bene visto che siamo poco distanti dal The Rock Hostel.

Ci aspetta una meritata doccia. Non avrei pensato di sudare così ed è stata dura. Ma tutto si è incastrato alla perfezione.

Si sono fatte le nove di sera più o meno. Chiamiamo Alberto e Alessandro che ci aspettano ai Sassi e dopo esserci lavati li raggiungiamo. Inevitabile che l'energia consumata chieda del cibo in cambio. Gennaro, da buon napoletano, ha voglia di pizza fritta e conosce un posto dove la fanno. È lì dove ci troviamo con gli altri. E dove Alberto inizierà a "puntare" discretamente la ragazza che sta dietro il bancone, che è davvero bella. Noi scherzosamente proponiamo ad Alberto di pagargli un caffè ogni mezz'ora in modo che possa avere la scusa per entrare e conoscerla meglio.

Piccola novità: il gruppo si è allargato ancora. Ale e Alberto hanno fatto amicizia con Su. Storia singolare la sua. Ragazzo cinese residente a Ferrara, città che tra l'altro adoro. Parla italiano molto bene. È appassionato di architettura e la sua visita a Matera è frutto di questa passione.

Rimane con noi tutta sera, nel nostro vagare casuale tra i vicoli dei Sassi. Io e Gennaro a passo lento e sempre all'erta, per la pessima scelta di indossare le infradito. Beviamo qualcosa nei punti panoramici e ogni tanto ci sediamo su qualche gradino. Su ascolta divertito i nostri aneddoti, dove Gennaro la fa da padrone con i suoi mirabolanti racconti. Strappandoci parecchie risate.

L'ultima sera, per quel che mi riguarda, porta con sé della malinconia. Ma il fatto di poterla condividere con dei compagni di viaggio smorza parecchio questo sentimento. 

Dopo aver aspettato invano da bere nel bar che puntavamo già da un paio di sere, troviamo una bottega aperta. Per l'ultimo drink va più che bene. Quattro birre artigianali del luogo e torniamo dove ci siamo trovati. Quella dove Alberto si è "innamorato". In verità un po' tutti. Rimaniamo a bere e chiacchierare sul piazzale antistante la chiesa, dove ci scambiamo i contatti e tiriamo le somme delle rispettive esperienze. Alberto ed Ale hanno deciso di rimanere un giorno in più. Gennaro partirà alle otto di mattina per raggiungere la Puglia e incontrare alcuni amici. Io qualche ora dopo, ma con prima tappa nella sua Napoli. Su invece si dirigerà a Bari. Foto di gruppo e grossi sorrisi. Anche stasera non abbiamo fatto di certo presto e all'ora di ieri facciamo ritorno in ostello, dopo aver salutato il nostro amico cinese.

È ora di dormire. Chiediamo a Gennaro di svegliarci quando partirà, per salutarlo come si deve. Anche se non è facile facciamo questo sforzo, dopo un po' d'alcool e a sonno ormai preso. 

Bella persona questo riccio ragazzo napoletano. Ho come il presentimento che ci rivedremo in giro da qualche parte, scoppiando in una grossa risata. Rimaniamo intanto con la promessa che se dovessi prendere una certa decisione si unirà anche lui.

Mi ributto a letto, anche se da lì al mio risveglio tardano due ore o poco più. Fortunatamente in qualche momento di "svacco" nella camera avevo già sistemato lo zaino. Così non dovrò perdere tempo e potrò godermi in tranquillità la mattinata, con un bella colazione ed eventualmente un pranzetto. Visto che comunque la prima parte di viaggio sarà di quattro ore con due brevi soste.

Alberto ed Ale se la dormono alla grande mentre io inizio a scendere per lasciare lo zaino al piano di sotto. Ho così modo di salutare Francesca e ringraziarla del mio bel soggiorno a Matera. Anche perché lei e l'ambiente rilassato che si respira nell'ostello hanno contribuito in maniera importante a questo.

Ultima colazione allo Schiuma e piccolo giro ai Sassi, per un paio di souvenir da portare a casa. Al mio il ritorno in ostello, per recuperare lo zaino, trovo i milanesi svegli e così ho modo di salutarli. Francesca mi indica come raggiungere la stazione dei bus che non è proprio vicinissima. Sono andato un po' lungo e facendo due conti arriverò poco prima della partenza del bus. 

Pranzo a rischio. E così succede. Dritto per dritto, per arrivare in anticipo il più vicino possibile, cercherò qualcosa nei paraggi. Trovo l'unico bar aperto e sorpresa! Dentro c'è Su. Anche lui prenderà il bus a quell'ora per Bari, ma purtroppo con un'altra compagnia. Peccato, perché avremmo potuto parlare un po' e farci compagnia durante il viaggio. Ci dirigiamo al piazzale, dove ho giusto il tempo per mangiare la pizzetta del bar e fumare una sigaretta. Saluto Su che è in procinto di partire. E da lì a poco toccherà anche a me. È un po' in ritardo il mio bus. Per accorciare i tempi di ritorno a Verona ho scelto un treno che partirà una ventina di minuti dopo il mio arrivo a Napoli. Quindi mi auguro che durante il tragitto si possa recuperare tempo per la coincidenza, in modo che non debba scatenare il centometrista che è in me.

Quattro ore non sono poche da far passare, specie se non si trova compagnia durante il viaggio. Io solitamente cerco di occupare il tempo con della musica nelle cuffie, per dare ulteriore colore a ciò che sto pensando e osservando. 

Parafrasando una canzone posso dire che "il ritorno porta addosso mal di testa e mal d'anima". Ci si trova in quello stato d'animo in cui sai che la tua esperienza sta volgendo al termine. Ma la tua mente ricorda bene i momenti di questo passato recente. Triste e felice allo stesso tempo. Sospeso in un limbo dell'anima. 

Mai dire mai alle sorprese last minute però.

Facciamo una tappa intermedia a Bari per poi dirigerci verso Napoli. 

La testa sul vetro del bus. Un po' dormo e un po' guardo fuori. Questi paesaggi sono vergini alla mia vista e me li voglio comunque godere. Sono curioso di vedere cosa circonda a livello di vegetazione queste due grosse città del Sud.

Come ogni viaggio in bus l'aria condizionata picchia duro e tocca vestirsi come fosse autunno. Ogni tanto controllo a che punto siamo, giusto per rendermi conto cosa dovrò fare una volta sceso. Corsa, camminata veloce o camminata tranquilla. Pare che ci siamo coi tempi. L'autista è stato di parola e stiamo arrivando a Napoli all'ora prevista. Ricordo ancora le linee morbide della sua natura, una volta arrivati nella cintura stradale che delimita il capoluogo campano. Ha un qualcosa che la fa assomigliare a una città sudamericana. E non solo per il glorioso passato calcistico di uno dei calciatori più forti nella storia di questo sport, che tra l'altro è giustamente un idolo da queste parti. Per me al momento è solo una città di passaggio, crocevia esatto del mio ritorno a Verona. In futuro sicuramente ci rivedremo per una visita di più giorni. Magari con i ragazzi napoletani conosciuti durante quest'esperienza. Purtroppo oggi le posso dedicare solo venticinque minuti. 

Mi sistemo davanti all'uscita del bus per guadagnare qualche minuto, visto che stiamo entrando nel parcheggio a fianco della stazione centrale. 

Alla fine è camminata veloce. Pensando che comunque avrò altre quattro ore di viaggio, spero di riuscire almeno a prendere della pizza come all'andata. Devo ritrovare il bar e ci riesco. Mi avanza addirittura del tempo per mangiare e aspettare che compaia il binario. Mentre giro sotto lo sguardo curioso delle persone, che vedono bastone e stuoia attaccati al mio zaino.

Scegliere un'esperienza itinerante da modo di conoscere un posto nuovo ogni giorno, oltre alla possibilità di incontrare tante persone diverse. Ed è quello che nella realtà mi è successo negli ultimi quindici giorni. Il treno, solitamente, me ne ha fatte conoscere parecchie anche se solo per la tratta comune, dovendole poi salutare. Non sarebbe male neanche stavolta, visto il tempo che ho davanti prima del ritorno a Verona. 

Giusto cinque minuti prima della partenza compare sul tabellone il binario dove recarmi. Ci sono. 

Fuori il foglio della prenotazione. Controllo carrozza e posto, salgo e mi siedo. Poggio lo zaino su quelle che una volta si definivano cappelliere e non c'è molta gente al momento. Sono proprio dietro il sedile di una ragazza, che vedo impegnata al cellulare. Non ho scelto il posto e ho solo espresso la preferenza per il corridoio. Ma se la vita ha voluto così non mi oppongo. Voleva che vivessi le ore di riavvicinamento pensando a quanto fatto, cercando di rielaborare i miei pensieri. 

Invece no!

Il treno parte. Ma solitamente c'è sempre qualcuno che gira in cerca del posto. Cosa che succede spessissimo al sottoscritto, vista l'abitudine di prendere i mezzi quasi in corsa. E quel qualcuno a un certo punto si presenta proprio davanti a me. Un giovane ragazzo africano, che con foglio alla mano mi fa gentilmente notare di essere seduto al numero sbagliato. Controlliamo ed è così. Nella fretta, interpretando male gli adesivi posti sui sedili mi ero accomodato. Ho sbagliato e non c'è problema. Anzi. Mi alzo e ci facciamo una risata. E siedo giusto davanti, su quello che è il mio vero posto. 

Ecco. 

Io che pensavo di passare anche questa parte del viaggio da solo. E invece mi trovo a fianco della ragazza che avevo notato una volta salito. Fa chiaramente piacere condividere del tempo in compagnia con una persona di sesso femminile, che oltretutto non passa inosservata per la sua bellezza. Ma probabilmente sta ascoltando della musica, visto che indossa degli auricolari. La vedo scrivere e da un lato non mi va di disturbarla. Quindi ci ignoriamo per un po' e nessuno dei due rompe il ghiaccio. 

Passa del tempo. Non ricordo quale domanda esce dalla bocca di uno dei due, fatto sta che iniziamo a conversare. Sarebbe stato un peccato lasciare in sospeso un possibile incontro, che in questo caso particolare sarà importantissimo per me. Visto che ammorbidirà il mio ritorno. Solitamente una parte del viaggio che mi distrugge mentalmente. Non sempre. Diciamo nelle esperienze più intense.

Scopro che sta tornando a Bologna da Napoli, dove vive la nonna. Conserva gelosamente un pacco di prodotti tipici che quest'ultima le ha donato. E che le darà non pochi impicci una volta scesa. Dovrà infatti prendere il treno per Modena, la città in cui abita. Più o meno nella mia stessa situazione e cioè con pochissimi minuti per fare il cambio. La sua sarà sicuramente una corsa e probabilmente invano. Ci presentiamo e conosco quindi Roberta. 

Se il mio ritorno sarà lieve a livello emotivo, la maggior parte del merito andrà a lei. Sorriso e risata contagiosa. Quando si dice una persona solare. Il sole, una meraviglia che non possiamo osservare per la sua potenza. Ma che quando fa capolino migliora inevitabilmente le nostre giornate. La sua anima rispecchia proprio questo. Mi piacciono le persone come lei, perché donano felicità con il loro modo di fare. Lei è speciale e unica, come lo siamo tutti in questo mondo se non ci uniformiamo. Ricordiamocelo.

Non stiamo parlando solo perché il software di Italo ci ha messo uno di fianco all'altro. O perché eravamo annoiati. Abbiamo storie, paure e desideri da raccontarci. E il tutto fluisce in maniera così liscia che sembra di essere amici da sempre. La vita è anche magia, specie per situazioni come questa. La sensibilità che mostriamo ambedue ci da modo di non avere freni nel parlare anche di cose profonde e personali come i sogni. Non sono argomenti da spargere al mondo intero e spesso non si trova una persona con cui farlo e che mostri interesse nell'ascoltare. 

Se c'è una persona che torna come me, ce n'è una che va ed è lei. Niente di matematico, ma è la situazione in cui ci troviamo. Io di ritorno da un'esperienza intensa che mi ha messo alla prova, rafforzando lati del mio carattere e allo stesso tempo facendomi conoscere una minima ma incredibile parte del Sud, la Basilicata. Oltre ad altre centomila cose.

Lei invece in partenza. Di ritorno a Modena, ma con un aereo che da lì a pochi giorni la porterà in Inghilterra, se non ricordo male a Manchester. Inizierà a collaborare con una famiglia del luogo, tramite il sistema dell'au pair o ragazza alla pari. Consiste in varie attività di aiuto in casa, potendo beneficiare della possibilità di alloggiare in uno stato estero. Punto da non poco. Per esperienze passate del sottoscritto, la ricerca di una stanza o appartamento è sempre un punto critico. Specie nelle medie o grosse città.

I nostri percorsi si sono incrociati anche per questo motivo. Ne sono convinto. 

Lei è alla prima esperienza fuori di casa, della durata tra l'altro non brevissima di sei mesi. E con essa porta chiaramente le paure e i timori di una scelta, che non tutti hanno il coraggio di prendere. Significa staccarsi da amici, affetti e uscire da quella che chiamiamo zona di comfort. Conosco questa situazione e posso esserle quindi d'aiuto nel tradurre le emozioni che sta provando. E nel cercare di comprendere cosa le può dare un'esperienza come questa. 

Mi piace sapere cosa muove l'animo delle persone che incontro. Cioè quelle attività o passioni che le fanno stare bene. Per me è scrivere. Lei confessa la sua passione per il disegno. Cerco di farle capire, per quanto possibile, di non lasciarla in un angolo e basta. Facendo passare gli anni a prendere polvere. Ma di provare a farla crescere, specie ora che si confronterà con un ambiente nuovo. Nuovi paesaggi, persone e lingua comportano una sovrastimolazione di tutti i sensi e sarebbe un peccato sprecare tutta questa energia. 

Io le parlo di cosa mi ha condotto fino a questo treno, dove sto condividendo con lei pensieri e progetti. 

Non mi dilungo a scrivere cosa le ho detto riguardo la mia esperienza perché avrebbe poco senso e sarebbe noioso. Le racconto del mio percorso cercando di dare al tutto un taglio personale, un po' descrittivo e un po' emozionale. E apprezzo tantissimo il fatto di avere un interlocutore davanti che mostra interesse sincero. Mi ascolta con attenzione e per me narrare questa storia è come riviverla allo stesso tempo. Anche da lei arriva la spinta a mettere nero su bianco questa mia esperienza. E lo fa con questa splendida frase:

"Da quando hai iniziato a raccontare ho sentito la tua libertà, la tua gioia nello scoprire persone nuove ed ospitali, la tua gratitudine verso tutto e la tua  passione nel farlo".

Come potevo dopo queste parole non prendere del tempo e investirlo nella scrittura di questa mia storia? Investirlo ma non inteso nell'accezione economica del termine. Investire del tempo per me stesso.

La ringrazio per questo. Oltre a tante altre persone incontrate sul cammino che mi hanno spronato. Perché da quando ho iniziato a farlo mi sento bene e soprattutto è un progetto che sto portando a termine. Cosa che spesso in passato mi è mancata.

Staremmo a parlare per ore, ma come succede in occasioni così il tempo vola ed è limitato. Bisogna prendere e dare tutto quando la vita mette sul piatto incontri come questo. Ed è quello che abbiamo fatto. Io ho trasmesso serenità e passione. Lei positività e tanta energia.

La voce registrata del treno ci avverte della prossimità alla stazione di Bologna e fra poco per lei sarà ora di scendere. Momenti come questo si vorrebbe che non arrivassero mai. Sono un sentimentale e mi costano parecchio a livello emotivo. Ma pesando ho avuto molte cose positive durante questa parte di viaggio e quindi l'arrivederci fa meno male. A sgombrare il campo ci pensa lei, che con il suo sorriso fa cadere tutta la tristezza. Grazie.

Ci scambiamo i numeri di telefono ed è l'ora dei saluti. 

Pacco in mano l'attende una corsa forsennata per prendere la coincidenza in direzione Modena. L'ultimo treno tra l'altro in quella direzione. Incrocio le dita per lei. Più tardi mi arriverà un messaggio con scritto "Non so come, ma sono riuscita a prenderlo!". Alla fine in occasioni come queste conta crederci e il karma magari ti da anche una mano.

Il ritorno a casa è a un'ora scarsa ormai. Ma fa strano non avere qualcuno a fianco con cui parlare, seppur per il poco tempo rimasto. Osservo dal finestrino paesi e paesaggi. Dopo numerosi viaggi in treno ho fatto l'occhio e capisco che dopo quasi otto ore di viaggio siamo in arrivo a Verona. Scarico zaino e bastone dalla cappelliera. E questa volta sono riuscito a portare con me anche questo importantissimo pezzo di legno, che mi ha aiutato e sostenuto durante il viaggio.

Il treno è perlopiù occupato da persone di ritorno da vacanze al Sud e mi fa piacere notare che il mio bagaglio sia il più piccolo tra quelli presenti. Non è una cosa facile far stare il proprio mondo in uno zaino. E ci sono voluti parecchi viaggi per affinare la sua preparazione. Volta dopo volta si capisce quali sono le cose più importanti. Non per niente è considerato come una metafora della vita stessa.

Verona Porta Nuova. Scendo. 

Se il Sud mi aveva cullato col caldo e i suoi paesaggi da brividi, Verona mi accoglie con il cemento della stazione e un tempo non propriamente estivo. Pioggia e fresco. Una specie di ibrido tra l'estate e l'autunno. 

Mentre aspetto l'autobus, l'ultimo passo che manca per raggiungere casa, piove anche l'ultima perla. Un ragazzo mi nota e incuriosito si avvicina per chiedere un'informazione. Ci tiene a sapere quale sia stato il mio viaggio zaino in spalla. Appreso quanto fatto si complimenta con me, anche per la scelta inusuale della destinazione. Facendomi capire quanto un giorno anche lui voglia tornare da quelle parti e cioè a casa. Per il momento residente a Torino ma nato e con il cuore ancora in Calabria. Percepisco la sua emozione nel condividere questo forte desiderio. Io in Basilicata e al Sud mi sono sentito come a casa ed è stato il regalo più grande che ho avuto da quest'esperienza. Lo saluto e mi avvio verso l'ultimissima parte del ritorno con il sorriso. Dopo una decina di minuti in bus è ora di scendere. A separarmi da casa ormai ci sono solo due vie. 

È sempre strano tornare dopo viaggi più o meno lunghi. Mi cade sempre l'occhio su tutto e cerco di notare se sia cambiato qualcosa. Una strada, una nuova attività o semplicemente le piante seminate per abbellire il terrazzo o ricavarne qualcosa da mangiare. E il primo cambiamento lo noto proprio su queste. Si sono rinforzate parecchio e sono cresciute dando anche dei frutti. Un po' come mi sento io in questo momento. Si torna sempre in qualche modo cambiati quando si intraprendono un certo tipo di viaggi, anche interiori. 

Sembrava la più pazza delle idee quella di venire in Basilicata ed invece eccomi qua. Tornato da questa regione dopo un'esperienza relativamente breve ma intensa. Intrisa di emozioni e sensazioni. Ognuno trova la sua strada nella maniera che ritiene più opportuna ed io ho visto in quest'idea un potenziale. E quella che si incastrava meglio in questa fase della mia vita. 

Ora mi trovo seduto in terrazzo a osservare in silenzio ciò che mi circonda, nella classica serata agostana con poco traffico. Nelle cuffie passa una canzone, "Lucky Man" dei The Verve. Esprime il mio stato d'animo in questo momento, perché mi sento molto fortunato nell'aver avuto la possibilità di provare e sperimentare con le emozioni. C'è da dire che me la sono creata questa possibilità. 

E senza volerlo ho seguito un esortazione, che avrei poi visto su una panchina al mio arrivo a Matera. 

L'ho trovata calzante e cerco di farla mia ogni giorno.

Cosa c'era scritto? 

"TROVATE IL CORAGGIO ANZICHÉ LE SCUSE".

La vista notturna di Matera da un punto panoramico
La vista di Matera durante il giorno
La camera soggiorno di una casa grotta a Matera
La foto di una famiglia in una casa grotta a Matera
La cucina di una casa grotta a Matera
La stalla di una casa grotta a Matera
La cantina di una casa grotta a Matera
La cisterna del palombaro a Matera
L'esterno di una casa ai Sassi di Matera
L'altopiano delle Murge a Matera durante il giorno
L'altopiano della Murge a Matera
L'altopiano delle Murge al tramonto
Il ponte tibetano di Matera
Il sentiero nella gola di Matera
Matera vista dall'altopiano delle Murge la sera
Una massima trovata su una panchina a Matera